Sorpresa alla 55esima Biennale di Venezia da poco conclusasi: un padiglione -quello del Venezuela- interamente dedicato al Writing e ad un 'estetica "street" che ormai da una quarantina d'anni influenza il mondo dell'Arte cosiddetta "alta".
In questo breve articolo non voglio fare la critica o la storica dell'arte, non mi dilungherò quindi a spiegare chi o che cosa esponeva (per chi necessitasse di maggiori info: http://www.numerocivico.info/eventi/venezuela2013/index.htm , http://www.libera.tv/pictures/522/venezuela-apre-spazio-allund039arte-urbana-alla-biennale-di-venezia.html), né giudicherò la qualità o la tipologia dei lavori presentati; semplicemente in quanto artista e writer vorrei sottolineare che è giusto e importante che ci sia una rappresentanza del nostro mondo espressivo alla più famosa manifestazione artistica del pianeta.
Ultimamente infatti (questa almeno è l'impressione che ho avuto io) i mondi creativi dai più considerati non-artistici stanno conquistando spazi che prima non venivano loro concessi. Non è più l'Arte che guarda alla strada come a un luogo interessante da cui prendere in prestito tecniche, volti, stili o storie, ma è la strada che entra nell'Arte. E in questo clima il Writing non poteva mancare!
Mi soffermo un attimo sul concetto di “strada”, tanto caro all'estetica delle culture urbane da risultare inflazionato e a volte male interpretato: secondo me con “strada” non si deve intendere solo il ghetto, il disagio, le situazioni “pese” di periferia con sparatorie e pusher nei parchetti.
“Strada” è la vita là fuori. È la gente che incontri. È un luogo in cui tutti camminano, che appartiene a tutti e in cui tutti si possono esprimere senza che nessuno decida cosa può o non può esserci. La strada è il luogo in cui io mescolo il mio mondo con quello degli altri.
Parlando di Arte (è questa la mia intenzione), per me street art significa che chiunque si può
avvicinare a questo universo di bellezza, sia producendo che fruendone, pur non essendo nessuno. Non si deve essere “del settore” per lasciarsi coinvolgere dall'energia di questa disciplina (naturalmente ciò vale anche per il Rap, per il B.boying/B.girling o per la musica ri-suonata che esce dai piatti dei Djs).
Il Graffiti Writing, in qualunque modo lo si veda ( dai rabbiosi “tag tours” alle elaboratissime Hall Of Fame collettive) è sempre Azione e Trasformazione dello spazio pubblico. È una forma d'arte che parla a tutti e a cui tutti si possono avvicinare, perché il requisito richiesto per iniziare è semplicemente saper scrivere il proprio nome. Pur nella sua facilità però, ha una forza e una bellezza trascinanti, sempre giovani e sempre fresche, che arrivano là dove l'arte ingessata da galleria non arriverà mai! Stiamo parlando quindi di una vera Arte dalle molteplici potenzialità, non di una roba da ragazzini come il mondo “intellettuale” vuole vederla.
In altre parole: anche se non sei nessuno, puoi avere una voce e qualcosa in cui ri-conoscerti.
E questo è uno dei più grandi messaggi che la cultura Hip Hop porta con sé.
Keibi.
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