martedì 20 dicembre 2011

Recensione "I FEEL GOOD" di James Brown

Alcuni si domanderanno cosa centra con i libri HipHop l'autobiografia di James Brown, la spiegazione può essere data come direbbe Krs One con la parola Meta-historical. Infatti in questo libro dove James Brown ci racconta la sua storia potrete trovare molti pensieri che hanno influenzato e fanno tutt'ora parte della filosofia HipHop, infatti lo stesso Afrika Bambaataa ha dichiarato che J. B. è stato uno dei personaggi più influenti della sua vita e del suo percorso artistico. Uno dei significati di Knowledge e ricercare le proprie radici.

Adesso alcuni pezzi tratti dal libro:  


Per molti dei cosidetti baby-boomers, cresciuti poveri, duri e in fretta nei vicoli più malfamati d'America, James Brown fu la prima icona culturale. Arrivati all'età in cui riuscivano ad accendere una radio, si trovarono a scoprire la musica più ricca d'anima in circolazione, una musica trabbocante di ritmi spacconi che gli insegnava le leggi non scritte dell'orgoglio, del rispetto per le donne, della ricerca della felicità e,cosa forse più importante di tutte, gli dava il sale in zucca per sopravvivere di giorno in giorno.

Il suo grido era la misura collettiva del nostro grido, quel grido che, ancora celato dentro di noi, non sempre sappiamo come far uscire. L'origine della sua musica era l'origine della musica di ognuno di noi, il suo dolore ere il dolore di tutti, il suo senso d'orgoglio l'emblema di una generazione.

L'unica cosa positiva che James ricevette nella sua infanzia fu l'amore per la musica, una consapevolezza precoce delle proprie capacità naturali. A 5 anni sapeva già suonare l'armonica e non aveva preso una sola lezione (a tutt'oggi non legge il pentagramma).

Quella notte memorabile (dopo l'uccisone di Martin Luther King), il suo messaggio "Build it,don't burn it", "Costruire,non dare fuoco",divenne una pietra angolare del gergo dei Baby.boomers delgli anni 60.

Io lo so che ogni volta che salgo sul palco, qualunque palco,nessuno ama pagare i soldi guadagnati col sudore della fronte per vedere riflessa la propria tristezza nelle canzoni di chi suona. E' per questo che quando i riflettori si accendono, mi trasformo nell'uomo più felice del mondo: e in quel momento io sono l'uomo più felice del mondo, il più felice che sia mai nato, sono pronto, anima e corpo, a irradiare questa mia felicità sulla gente.

Ci serve gente di ogni tipo per essere completi. Ogni persona ha qualcosa di speciale che può migliorare questo paese.

Una volta che lo feci conoscere alla gente, tutti provarono a copiarlo. E non ce l'ho con nessuno: a tutti piace copiare dal meglio. L'unica cosa che non mi piace è come oggi hanno programmato delle macchine con cui provano a riprodurre il sound umano dell'Uno. Le macchine non possono replicare ciò che ho creato, non possono proprio. Come mai? Perchè questo beat ha bisogno di un elemento di umana imperfezione, dell'enfasi casuale, dell'identificazione con le radici culturali del ritmo. Senza tutto ciò, non importa quanto ben programmata sia la tua apparecchiatura, o forse proprio a causa del fatto di essere programmata, la musica che fai mi sembrerà comunque cibo in scatola. Il che non è un problema: se in giro non c'è del cibo vero, moltissima gente avrà bisogno di quello in scatola per sopravvivere. Ma se al mondo c'è solamente cibo in scatola, la gente si scorderà presto il sapore delle cose autentiche, e il cibo in scatola sostituirà quello genuino per diventare il nuovo standard.

Ora , qualunque nero sa bene che il blues tradizionale comincia in battere. A causa di questo semplicissimo errore ritmico, quando i bianchi provarono a suonare il blues molto spesso gli usciva fuori una robetta senza sostanza, perchè non sapevano catturarne il ritmo essenziale. Non lo sapevano interpretare. E quindi come facevano a suonarlo nel modo giusto? Non era questione di territorio, di dove eri cresciuto:se non ce l'avevi, non ce l'avevi e basta. Con ciò non dico che il discorso si applichi a tutti i musicisti bianchi.

Ma il punto è questo: ogni cosa che faccio parte dal feeling. La musica soul viene direttamente dal cuore, è una musica alla buttiamo-fuori -ciò-che abbiamo-dentro ed è connessa all'anima in modo profondo e diretto.

Le mie canzoni cominciarono a rispecchiare il nuovo immaginario che dominava il mio modo di pensare. In "Don't Be a Dropout" cantavo: "Tell me, everybody, one more time waht I said. Without an education, we might as well be dead.." ("Ripetetemi ancora una volta, tutti insieme, quello che vi ho detto. Senza istruzione è come se fossimo già morti").
Ogni volta che ero fuori dal palco mi ritagliavo un pò di tempo per parlare a gruppi di ragazze e ragazzi neri, a volte anche una decina, e gli facevo sempre lo stesso discorso. Speravo che certe parole,ascoltate da me, per loro significassero davvero qualcosa. Se ne avessi salvato anche soltanto uno dallo sprecare la propria vita, l'avrei considerata una vittoria personale.

Vedete, la gente può imparare, la gente può cambiare, per questo ho sempre affrontato la vita con un sorriso e buone maniere per essere un leader con l'esempio e non con la rabbia e la violenza. Il primo metodo ha sempre funzionato per la nostra gente,l'altro mai per nessuno.

L'artista prende la sua musica dall'aria che lo circonda, dall'atmosfera: non la puoi vedere l'ispirazione, non la puoi toccare, ti viene in sogno, viene quando quelli che comandano si rivolgono a noi dicendo "non puoi" o "non farlo". E' dappertutto, è invisibile, ed è questo che la rende allo stesso tempo così accessibile ed elusiva.

Credo di potermi prendere un pò del merito per aver influenzato il groove del rap, basato com'è sulle antiche percussioni d'Africa e delle percussioni degli indiani americani, due popoli dai quali mi vanto di discendere. Io ho dato un suono nuovo alla musica nera, l'uno/tre su cui si basa gran parte della musica rap.

E amo ancora dare il mio esempio a tutti quei poveri ragazzi che pensano che l'unico modo di uscire dal ghetto siano l'illegalità e le gang e la violenza. Il mio scopo è fargli vedere che esiste un altro modo.Chiedo sempre al mio pubblico di lasciare la rabbia ll'ingresso, perchè nel mondo di James Brown non c'è nulla per cui arrabbiarsi.

Dobbiamo rendere la vita una festa invece che una guerra.

Ma comunque c'è una cosa che rimane più positiva che mai, una cosa che unisce la gente in tutto il mondo e che forse può perfino salvare il pianeta.Questa cosa è la musica.

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